Il progetto SerDrumk è nato nel maggio del 2016, periodo in cui l’artista era quasi sempre chiuso in studio di registrazione per seguire la produzione di una delle sue band. L’esigenza primaria era quella di tornare a suonare per la gente, “preferibilmente all’aria aperta”, visto il periodo di clausura. Così, SerDrumk si è chiesto: “Cosa posso fare da solo? Sono un batterista, come posso passare da accompagnatore a one man band?”. La risposta? È stata quella di integrare il didgeridoo nel suo set, uno strumento che già da anni utilizzava con le band anche se sporadicamente.
L’appellativo busker ti infastidisce?
“Per niente, anzi, lo trovo estremamente affascinante. Uno dei motivi per cui è nato il mio progetto è dato dal fatto che ogni volta che mi imbattevo in un busker nella mia testa girava solo la frase ‘anch’io, anch’io!’, il tutto con gli occhi a cuoricino. Avete in mente la faccia da koala di Sheldon Cooper? Ecco, quella”.
Come ti sei avvicinato all’uso del didgeridoo?
“Il mio è esattamente un didgeridoo in plastica anziché in eucalipto come quello originale degli aborigeni australiani. Il mio primo approccio con questo strumento è avvenuto in un bazar di oggettistica etnica. Ho visto questo strano ramo intagliato a mano, pensavo fosse solo ornamentale. Mi sono permesso di provarlo un attimo e, nonostante il primo suono generato somigliasse più a lamento di un elefante che ad un didgeridoo, me ne sono innamorato. Da allora è diventato una
mia fissazione, nonostante sia riuscito a concretizzarne l’utilizzo in ambito musicale solo da pochi anni”.
Hai realizzato un cd. Si tratta di un album? Se sì, come lo hai realizzato? Live?
“Si tratta di un EP registrato nelle piazze di Milano il 12 giugno 2017 con la preziosa supervisione di Nicola Baronti (produttore artistico e fonico) e Stefano Garotta (fonico freelance). Ho deciso di utilizzare la strada come studio di registrazione per regalare all’ascoltatore un sound sporco, inquinato (o abbellito) dai rumori della metropoli, tra vociare di persone, freni di tram e sirene della polizia (quest’ultime potete ascoltarle campionate nella title track di ‘Breaking Road’). È stato registrato, per l’esattezza, in Piazza Cordusio e in Piazza Duomo. Tre ore di set che poi sono state ricampionate nello studio di registrazione La Tana del Bianconiglio a Peccioli (Pisa) dal mio produttore Nicola Baronti”.
Dove ti possiamo sentire live? Solo a Milano?
“Sulle mie pagine Instagram e Facebook pubblico sempre i dettagli di tutti i miei show, quindi tenetele d’occhio. Milano è stata la mia tana delle tigri, mi ha formato per quasi 3 anni, insegnandomi molto sul busking. Dal 2019 mi troverete nelle principali piazza italiane (Torino, Bologna, Firenze, Roma Napoli e altre). E parteciperò ad alcuni festival e serate in diversi club europei, ma non posso ancora anticipare nulla, seguitemi per tutti i dettagli”.
Con chi collabori a livello di produzioni?
“Il suddetto Nicola Baronti è il mio produttore artistico da più di 10 anni, mi ha seguito in diversi progetti e continuerò ad affidare a lui il mio materiale. È una garanzia, una sorta di forno magico: metti la tua musica cruda a cuocere nelle sue mani e ne esce cotta a puntino. Per quanto riguarda produzioni esterne ho in cantiere diverse collaborazioni, tra cui un remix curato da un dj di Los Angeles, incontrato durante uno dei miei show in Piazza Duomo. Anche su questo non posso anticipare nulla, sorpresa”.
Esiste un network di artisti di strada legato alla musica?
“Sì, si tratta di un portale gestito dal Comune di Milano, si chiama Stradarte ed è utilizzato dai busker per prenotare le postazioni in cui suonare e dai cittadini per avere un palinsesto completo degli show nelle piazze di Milano”.
Come reagiscono le persone ai tuoi live?
“Le reazioni sono molto disparate, la mia preferita è vedere il pubblico sciogliersi a poco a poco, iniziando tenendo semplicemente il tempo con il piede e finendo con balli scatenati e primordiali. Molti restano immobili per capire cosa stia facendo, forse affascinati dal set e dalla ricerca che ho fatto negli anni sui miei strumenti. La reazione è molto positiva, e questo mi ha stupito diverse volte: vedo molte lacune nel mio progetto, sono molto critico e spesso mi butto giù, chiedendomi se veramente quello che sto facendo abbia un valore. È stato il pubblico a darmi la forza e la convinzione per andare avanti, e di questo gli sono molto grato”.
Hai una passione per la musica elettronica?
“Ho una passione per l’elettronica utilizzata in ambito rock e rop. Il mio background si basa sul rock, quindi quando parlo di elettronica parlo di Prodigy, Nine Inch Nails, Massive Attack, Awolnation. Sto approfondendo la mia conoscenza della vera musica elettronica da quando faccio il busker, dato che il mio percorso mi ha portato, un po’ per caso, in questo mondo a me quasi sconosciuto”.